
Chi può chiedere l’avvicinamento al luogo di lavoro del proprio coniuge?
L’articolo 42bis del decreto legislativo n. 151/2001 prevede la possibilità, per il pubblico dipendente che lavora in una sede diversa da quella della propria residenza, di chiedere l’avvicinamento al luogo di lavoro del proprio coniuge in presenza di un figlio con non più di tre anni. Il trasferimento dura massimo tre anni. Si parla di «assegnazione temporanea», «permesso per mobilità» o, più comunemente, «ricongiunzione familiare».
Per comprendere cos’è e come funziona il ricongiungimento familiare, dobbiamo riferirci al testo della norma che, come anticipato sopra, è l’articolo 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001.
Tale norma stabilisce che il genitore con figli minori fino a tre anni, dipendente di amministrazioni pubbliche può essere assegnato, a sua richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa Provincia o Regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa. Con una recente sentenza la Corte Costituzionale ha stabilito, che il ricongiungimento familiare è possibile anche ove è fissata la residenza della famiglia. Dunque, attualmente, la richiesta del pubblico dipendente di riavvicinamento alla famiglia non deve necessariamente essere accompagnata dalla prova che, nel luogo ove si chiede il trasferimento, lavora l’altro genitore: basta che in detta Provincia o Regione vi risieda la famiglia (ossia entrambi i genitori).
Il trasferimento può essere richiesto solo se il figlio più piccolo ha non più di 3 anni.
Il trasferimento dura per 3 anni, a prescindere dall’età del figlio. Pertanto, ad esempio, se il trasferimento viene richiesto quando il figlio ha 6 mesi, esso cesserà nel momento in cui il minore avrà 3 anni e mezzo. Invece se il trasferimento viene chiesto quando il figlio sta per concludere il terzo anno di età, il trasferimento potrà estendersi fino al sesto anno del bambino.
È possibile ottenere più di una volta il trasferimento: esso infatti spetta per ciascun figlio, anche se adottivo o in affidamento. Con la conseguenza che l’arrivo di un secondo figlio può giustificare un’ulteriore assegnazione temporanea (Cons. Stato sent. n. 7725/2023).
È importante precisare che la possibilità di ottenere il ricongiungimento al nucleo familiare non è un diritto soggettivo, ma un semplice “interesse legittimo”.
Esso pertanto non spetta a semplice richiesta, ma è subordinato:
- alla previa valutazione, da parte del capo ufficio, della sussistenza di un posto vacante e disponibile (di corrispondente posizione retributiva) nella sede di destinazione;
- al preventivo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione.
L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali.
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Avv. Rosa Guida
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